Quando una relazione non funziona solitamente si pensa che ci sia qualcosa di sbagliato nell'altro. Prendi le carote, per esempio, ho sempre pensato che il motivo per cui non mi piacessero un granché fosse il loro sapore dolciastro e la loro consistenza legnosa. Ma cosa avevo mai fatto io per capire se, al di là di quelli che il mio palato identificava come difetti, ci fosse in loro una qualche potenzialità nascosta che avrebbe completamente cambiato i rapporti tra di noi? Forse non c'era nulla di sbagliato nelle carote e l'unica cosa sbagliata di tutta questa storia ero proprio io con la mia incapacità di riuscire a guardare al di là del mio naso. Mi ero accomodata sulle mie solide certezze (il dolciastro legnoso) impedendo alle povere carote di mostrarmi tutto il resto, nonostante molte altre persone intorno a me mi decantassero le lodi di questi graziosi tuberi arancioni. Mi ci sono messa d'impegno. Non a farmi piacere le carote per forza: non sarebbe stato giusto, ma a cambiare il mio punto di vista. Che fatica ragazzi! La realtà è complessa; le possibilità sono infinite; le classificazioni, invece, gli stereotipi, le certezze acquisite, sono così comode, che rimetterle in gioco in continuazione è una vera e propria lezione di ginnastica, dopo che avevi buttato la tessera della palestra da mesi. Ora mi piacciono, nell'ordine: la crema di carote calda con i crostini di pane all'olio, le carote tagliate sottili e saltate in padella con la salsa di soia, le carote grattugiate a crudo e condite con olio, sale e limone ma, soprattutto, queste semplicissime polpette (comincio seriamente a sospettare che sotto forma di polpetta potrebbe piacermi qualunque cosa). Non sono sicura di aver chiuso la faccenda carote, perché penso che ci siano ancora un milione di strade da esplorare. Anche perché mi sono accorta che, quando cominci ad allenarti, ci prendi proprio gusto a sperimentare le novità. Sì, perché le carote, esattamente come accade molto spesso alle persone, non cambiano mica. Carote erano e carote restano, e non c'è nulla che, né io, né voi, possiamo farci. Tutto quello che è in nostro potere fare, è riuscire a guardare le cose da un altro punto di vista, o, se preferite, assaporare gli ingredienti in ricette sempre nuove, fino a che non si riesce a trovare l'alchimia perfetta che può avvicinare perfino una carota a una sua (ormai ex) nemica giurata. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Pelate le carote, tagliatele a tocchetti e cuocetele al vapore fino a che non saranno morbide. In alternativa, potete anche bollirle in poca acqua, ma forse vi servirà più farina di ceci per realizzare l'impasto. Schiacciate le carote con uno schiacciapatate oppure con una forchetta. Aggiungete farina di ceci e un poco di sale per realizzare un composto dalla consistenza abbastanza morbida: se mettete troppa farina, le polpettine, cuocendosi, diventeranno dure. Siccome l'impasto potrebbe risultare un poco appiccicoso, bagnatevi leggermente le mani con l'acqua per realizzare le polpette. Con questo impasto ne ho fatte 12. Impanate le polpette nel pangrattato integrale. Versate un filo d'olio in una padella antiaderente e cuocete le polpette prima da un lato e poi dall'altro fino a che non saranno ben dorate. Mangiatele calde o tiepide, magari accompagnate da una salsa realizzata frullando l'avocado con un poco di succo di limone e sale integrale.
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Napoli è una città complessa. Ma immagino che questo ve lo abbiano già detto in molti. A me ricorda, per certi versi, una lasagna, perché è fatta a strati ma, al tempo stesso, ciascuno di questi strati sembra fatto a sua volta di pasta mischiata. Consistenze, sapori, texture, tutto si mescola, strato dopo strato. Tutto è concentrato in circa 100 km quadrati: strade e spazi angusti, piazze e slarghi enormi, condomini che sembrano abitati da un’unica grande famiglia, palazzi dove convivono tre, quattro classi sociali diverse, due colline, una montagna esplosiva, l’infinità del mare, due milioni di abitanti, intere città sotterranee... A Napoli c’è tutto e il contrario di tutto. Brillano gli occhi di chi la vede per la prima volta: riflettono i bagliori del sole e dei panorami notturni, emanano fasci luminosi di sorpresa ed euforia, si puntellano di scintille ad ogni angolo di strada, a ogni fenomeno inspiegabile, si infiammano nel vano desiderio di riuscire a cogliere ogni dettaglio. Brillano quegli occhi e non somigliano ad altri occhi visti prima. Brillano e sono la mia fonte di luce preferita. Valentina, Angelina, Marco, Giovanna, Melania, Sonia, Benedetta, Daniela, Alessandro, Sara, Arianna, Stefania, Teresa, Chiara, Anna, Rachele e Paola hanno vinto, insieme a me, un premio, ma penso proprio che il premio più grande l’ho ricevuto io, da loro. Potrei amare Napoli anche solo per questo: per poter guardare gli occhi di chi la scopre per la prima volta. Le foto dei vincitori sono state scattate da Rossella Guarracino di Malvarosa Edizioni. Non so dire che tipo di sentimento abbiano conservato, a trolley fermi, per questa terra mia, ma sono fermamente convinta che, Napoli, nella sua "quasi inesplorabile complessità identitaria" (cit. Stefano Balassone) abbia lasciato un segno in ognuno di loro. Non credo sia possibile, come dice Maurizio De Giovanni, “passare per Napoli e dimenticarsene. Non rendersi conto cioè di aver riportato una cicatrice essendoci stato.“. FRITTATINE NAPOLETANE DI PASTA E FAGIOLIINGREDIENTI
PROCEDIMENTO Ho utilizzato una pasta e fagioli avanzata, costituita da circa 200 gr di pasta e 300 gr di fagioli cotti, di cui la metà frullati. Accendete il forno regolandolo sui 200 gradi. Mettete in una ciotola 30 gr di farina di ceci e unite origano, paprika e un pizzico di sale. Sbattete in un'atra ciotola i restanti 50 gr di farina di ceci con l'acqua e un pizzico di sale, aiutandovi con una frusta. Preparate il pan grattato in una terza ciotolina. Se avete conservato la pasta e fagioli in una teglia, vi basterà coppare la pasta con un coppapasta tondo di circa 6 cm di diametro. Si otterranno dei cilindri compatti, anche pressando la pasta all'interno del coppapasta, fino ad un'altezza di circa 4 cm. Una volta ottenuti 8 cilindri di pasta, procedete con la panatura. Passate la frittatina nella farina di ceci in polvere, poi nella pastella di farina di ceci e infine nel pangrattato. Una volta che avrete terminato questa operazione, disponete le frittatine su una teglia da forno, irrorandole con olio extravergine d'oliva. Infornate in forno già a temperatura per circa 20 minuti, 10 per ogni lato. Mangiatele calde. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Staccate le foglie di salvia in modo da conservare uno stelo lungo (vi aiuterà a girarle in fase di frittura). Lavatele e asciugatele per bene. Preparate la pastella con le due farine, il sale e l'acqua effervescente fredda. Riscaldate l'olio per la frittura (potete usare un extravergine dal sapore delicato o un olio di arachidi). Immergete le foglie di salvia nella pastella tenendole per lo stelo. Quando saranno completamente ricoperte di pastella, buttatele nell'olio bollente. Fatele friggere su un lato fino a doratura. Poi, con l'aiuto di una pinza, afferratele per lo stelo, giratele e fate dorare anche l'altro lato. Poggiatele su carta assorbente per eliminare l'olio in eccesso. Servite e mangiate calde e croccanti. INGREDIENTI
PREPARAZIONE Mettete in ammollo, dalla sera precedente, circa 200 gr di ceci. Il giorno dopo, cuoceteli, preferibilmente insieme ad un pezzettino di alga kombu, per il tempo che necessitano. Una volta scolati e raffreddati, versateli nel frullatore insieme all'acqua, alla tahina, al cumino, all'aglio, al succo di limone, e al sale. Frullate il tutto fino a che non diventa un composto cremoso ed omogeneo. Aggiungete l'olio extravergine e frullate ancora per incorporare. Se preferite, potete aggiungere al composto un pezzettino di peperoncino o qualche foglia di prezzemolo, o anche entrambi. Servite con un filo d'olio, un po' di semi di cumino e, se volete, con un po' di paprika. Foto in collaborazione con Roberto Carbonara
INGREDIENTI
(per il "risotto")
PROCEDIMENTO Vi consiglio di preparare il riso il giorno prima, o, eventualmente, anche di utilizzare risotti avanzati. Tritate finemente la cipolla e fatela soffriggere in un poco d'olio. Unite anche il riso e fatelo tostare un poco. Aggiungete a mano a mano il brodo bollente o l'acqua bollente già salati fino a che il riso non sarà cotto. Per il tempo di cottura del riso integrale, verificate sempre le indicazioni sulla confezione. A cottura ultimata, aggiustate di sale e pepe e mantecate con un poco d'olio. Assicuratevi che il riso risulti particolarmente asciutto. Per farlo asciugare ulteriormente, mettetelo a raffreddare in un piccolo scolapasta. Una volta che il riso si sarà completamente raffreddato, dovrebbe risultare anche piuttosto compatto. Nel caso risultasse poco compatto, vi consiglio di frullarne 2 o 3 cucchiaiate. La "crema" ottenuta servirà ad amalgamare meglio i chicchi tra di loro. Sgranate i piselli freschi. Dividete il riso in 8 porzioni uguali. Prelevate una buona parte di una singola porzione e modellatela nella mano in modo da formare una cavità centrale. Riempite la cavità con un cucchiaino di ragù, 4 o 5 piselli, ancora un poco di ragù. Chiudete la palla con il resto della porzione di riso e realizzate la classica forma sferica. Ripetete l'operazione per le restanti 7 porzioni di riso. Passate le palle di riso nel pangrattato o nei fiocchi di mais sbriciolati in modo da impanare tutta la superficie delle palle. Cuocete in forno a 200° per circa 30 minuti oppure friggete in olio buono. |
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Dicembre 2017
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